La veranda in condominio deve rispettare le distanze legali, altrimenti bisogna farla rimuovere: l’illegittimità si paga!
Avere tutto a norma è importantissimo, specie quando entra in gioco la possibilità di chiamare in causa i vicini. La veranda in condominio amplia e costruisce spazi confortevoli, ma bisogna considerare i diritti del vicinato e le distanze legali da rispettare. Davanti l’inadempienza, farla rimuovere è una conseguenza più che naturale.
Non è illegale a prescindere costruire una veranda in condominio chiudendo un balcone, ma lo è se blocca la veduta in appiombo del vicino sopra, in virtù dell’art. 907 c.c.. Ciò significherebbe impattare sui diritti dei vicini, la Cassazione infatti si è pronunciata in merito.
Bisogna tutelare il diritto di godere dell’aria, luce e della facoltà di affacciarsi liberamente, e se la veranda costruita dai vicini di sotto, impedisce di fare ciò, allora il diritto di veduta è stato compromesso.
Per capire quest’ultimo, ci si rifà alla “veduta di appiombo” pocanzi citata, cioè il diritto del proprietario di una porzione di piano, o piano totale, di guardare sia davanti che verso il basso, mediante le proprie aperture. In poche parole, il soggetto in questione deve poter vedere dalla propria terrazza o balcone che sia, ciò che avviene sotto.
Le sentenze n. 6277/2023 e n. 13513/2019 della Cassazione lo ribadiscono, anche perché la tutela discende dall’art. 907 del C.C. non è un capriccio, ma vuol dire assicurare aria e luce sufficienti, oltre che garantire la libertà di godere liberamente della veduta. Si ribadisce anche dalle sentenze n. 13513/2019; Corte d’Appello Napoli, sez. 2B, sentenza n. 2651/2018, che ciò riguarda anche una condizione di pieno rispetto dell’igiene.
Nello specifico, la possibilità di guardare di sotto tratta la privacy del vicino, per cui prevale quello di poter guardare in basso, dato che l’art. 907 avrebbe già bilanciato gli interessi contrapposti. Questo secondo la sentenza n. 6277/2023.
La veranda si considera una nuova costruzione, non arredo o struttura precaria, e lo afferma la sentenza n. 36147/2022. Anche perché modifica strutturalmente i luoghi, e per questo si devono rispettare le distanze legali poste sia nel c.c. che nei regolamenti locali.
Si tratta di 3 metri, salvo il caso in cui un regolamento comunale disponga diversamente, e anche considerando il fatto che tale distanza vale sia in orizzontale che in verticale. Ergo, terreni confinanti e appartamenti uno sopra l’altro.
Gli articoli 907 e il 1102 per la distanza delle costruzioni dalle vedute e quelle in uso della cosa comune, vanno rispettati. Cruciali le sentenze n. 6277/2023 e n. 10942/2025 per cui l’art. 1102 non può giustificare in nessun caso la violazione del 907.
Significa che il diritto di un condomino di usare un muro comune per costruire una veranda non lo autorizza né giustifica a farlo se questo comporta la violazione della distanza minima di tre metri dalla veduta del vicino del piano di sopra, limitandola.
Ma c’è stato un caso problematico esaminato dall’ordinanza 109/2025 che ha arricchito la vicenda.
Un proprietario aveva citato in giudizio il vicino de piano di sotto perché la sua veranda ledeva il diritto di veduta in appiombo, e la Corte d’Appello gli aveva dato torto, perché il vicino aveva legittimamente usato il muro perimetrale comune in virtù dell’art. 1102 c.c.. Ma la Cassazione ha ribaltato tutto definendo ciò un errore.
La Corte d’Appello si era sbagliata perché il problema non era l’uso del muro comune in sé, ma la lesione del diritto all’art. 907 c.c. Quindi, si conferma potentemente che l’art. 1102 non è una scappatoia per violare le distanze legali!
Ma allora, quando un veranda è permessa? Quando rispetta i 3 metri, ma c’è una deroga che parzialmente potrebbe essere ammessa. Questa quando la veranda del piano inferiore ricade nell’area del balcone, senza debordare dal perimetro. In questo caso secondo il Tribunale di Livorno, sentenza n.771 del 18 giugno 2024, la costruzione non viola la veduta!
Attenzione però, bisogna valutare caso per caso, anche perché secondo altre pronunce della Cassazione, come la 6277/2023 potrebbero esserci le condizioni pe cui il proprietario del piano superiore si possa opporre anche se si rimane nei limiti del balcone, ma a meno di 3 metri.
Se ci si vuole difendere, ecco quali sono le mosse e gli istituti legali da chiamare in causa per fare valere i propri diritti.
Si può intraprendere l’azione giudiziaria chiamata Actio legatoria servitutis, o anche solo azione a tutela del diritto di veduta, per chiedere al giudice di accertare l’illegittimità della costruzione. Da qui, ne potrebbe essere prevista la demolizione o l’arretramento fino al ripristino della distanza prevista dall’art. 907 c.c.
È importante riuscire a dimostrare la violazione, l’accertamento tecnico è la modalità più efficace, e lo si fa mediante architetto, geometra e ingegnere che sia.
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