Andare in pensione necessita il versamento dei contributi durante la vita lavorativa. Ma quanti anni ci vogliono?
In pensione ci arrivano tutti ma la vera differenza la fanno i contributi versati, o non versati. Da questo dipende l’entità dell’assegno mensile: dalla minima alla massima.

Dopo una vita di lavoro oppure una vita passata tra le mura di casa ad occuparsi della famiglia, il traguardo diventa un obiettivo importante per vedere premiati gli sforzi di tantissimi anni. Ma spesso la pensione è un miraggio tante sono le normative che cambiano di governo in governo. Alcune certezze però ci sono ed è meglio conoscerle per prepararsi al meglio al grande giorno. Quanti contributi occorrono per andare in pensione è la domanda che si pongono tutti, anche i più giovani.
Le normative sono articolate, come anticipato. Quando si parla di pensione minima si fa riferimento ai requisiti contributivi per accedere alla pensione di vecchiaia, e non all’istituto dell’integrazione al trattamento minimo, che è una prestazione diversa. La quantità di contributi necessari varia in base a diversi fattori. La regola generale, introdotta dalla riforma “Fornero”, ha fissato il requisito contributivo minimo per il diritto alla pensione di vecchiaia a 20 anni.
Pensione minima e non solo: quanti anni di contributi ci vogliono davvero
Secondo la vecchia legge Fornero (2011), il paletto della contribuzione, insieme con il requisito anagrafico, diventa un ostacolo difficile da superare.

Per la maggioranza dei lavoratori, dunque, la soglia dei 20 anni di contributi è il primo e fondamentale riferimento da tenere a mente, ma ci sono delle eccezioni. Esistono infatti delle importanti deroghe che consentono l’accesso alla pensione di vecchiaia con un’anzianità contributiva minima di soli 15 anni, introdotte dall’articolo 2, comma 3, del Decreto Legislativo n. 503 del 1992 (la cosiddetta “Legge Amato“) e rimaste in vigore anche dopo la Riforma Fornero, come confermato da diverse circolari INPS.
Le categorie di lavoratori che possono beneficiare della pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi, grazie alle deroghe della Legge Amato, sono principalmente tre: lavoratori che al 31 dicembre 1992 avevano già maturato i requisiti di assicurazione e contribuzione previsti dalla normativa allora vigente, ovvero dipendenti e autonomi che, in quel momento, potevano già vantare un’anzianità contributiva di almeno 15 anni, lavoratori ammessi alla prosecuzione volontaria dei contributi in data anteriore al 31 dicembre 1992, lavoratori dipendenti con almeno 25 anni di anzianità assicurativa e occupazione discontinua per almeno 10 anni.
Esiste anche la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con un numero ancora minore di anni di contribuzione, ovvero con soli 5, ma questa opzione è riservata ai cosiddetti “contributivi puri” e richiede il raggiungimento di un’età anagrafica più elevata. Sono considerati “contributivi puri” i lavoratori il cui primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996 in poi, e la cui pensione è quindi calcolata interamente con il sistema contributivo.