Non lo fa per caso: il miagolio del gatto è il suo modo per interagire con noi. E capirlo può migliorare il rapporto con loro.
I gatti non parlano come noi, ma comunicano: il che è la stessa cosa. Solo che quando ci miagolano contro, spesso li ignoriamo o non capiamo cosa vogliono dirci. Pensiamo che siano capricciosi, misteriosi, o che si lamentino per sport. E invece, dietro quei suoni – a volte dolci, a volte insistenti, a volte persino fastidiosi – c’è un linguaggio vero e proprio, che usano solo con noi umani.
Tra di loro comunicano con altri segnali: sguardi, code, posture. Ma con noi hanno creato un canale diverso. Una specie di vocabolario personalizzato fatto di miagolii più o meno lunghi, acuti, rauchi, tagliati. E ognuno ha un significato preciso.
Il problema? È che non sempre siamo in grado di decifrarli. Spesso sbagliamo tono, interpretiamo male, o peggio ancora – non li ascoltiamo proprio. Ma il gatto continua, giorno dopo giorno, a parlarci. A chiederci attenzione, cibo, aiuto o semplicemente compagnia. E noi, se impariamo a riconoscere quel che sta dicendo, possiamo capire molto meglio il suo stato d’animo. E in certi casi, anche salvarlo.
Chi vive con un gatto lo sa: non miagolano sempre allo stesso modo. Ogni miao ha una sfumatura diversa, e imparare a distinguerli è importante per avere un rapporto fatto di comprensione.
C’è il miagolio corto e secco, quello del saluto, spesso quando rientriamo a casa o ci avviciniamo a loro. È il loro ‘ciao’, un modo diretto per dirci che si sono accorti della nostra presenza.
Poi c’è quello lungo e lamentoso, il miagolio che spesso usano per chiederci qualcosa. Soprattutto cibo. È insistente, teatrale, e di solito arriva puntuale quando ci stiamo sedendo a tavola o ci avviciniamo alla credenza.
E che dire del miagolio acuto e nervoso? È quello della frustrazione. Magari vogliono uscire e la porta è chiusa, oppure hanno visto qualcosa fuori dalla finestra e non riescono a raggiungerlo. È un miao agitato, spesso ripetuto, come a dire: ‘ehi, dammi una mano!’.
Infine il più sottile – ma anche il più importante – è il miagolio da malessere. Si riconosce perché è diverso dal solito: più rauco, più basso, spesso continuo. Un miao che cambia tono, che non sparisce nemmeno con una carezza. In quel caso, non bisogna aspettare: se si accompagna a letargia, rifiuto del cibo, o sguardo spento, il gatto sta male davvero. E sta cercando di dircelo come può.
Insomma, il nostri amici miagolano, sì. Ma non per fare scena. Lo fanno per comunicare, che sia una richiesta d’attenzione o qualcosa di più. E noi, dal canto nostro, dobbiamo solo imparare ad ascoltarli.
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