Bonus viaggio in busta paga: il mio datore di lavoro non me la stava dando con questo trucco

C’è chi per lavoro spesso deve affrontare viaggi più o meno lunghi. Oggi vediamo se il tempo passato in auto è retribuito.

Sì, perché la domanda è lecita: se per recarmi a lavoro devo viaggiare anche per molto tempo, compreso il ritorno, può essere configurato come tempo dedicato al lavoro? La giurisprudenza ci dà una mano.

uomo guida auto
Bonus viaggio in busta paga: il mio datore di lavoro non me la stava dando con questo trucco – chieseromanichesardegna.it

A tal proposito, nel 2024 la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza importante: il tempo di viaggio sostenuto dai lavoratori per raggiungere il luogo della prestazione deve essere retribuito come orario di lavoro effettivo. Una pronuncia inequivocabile che mette fine a una serie di incongruenze contrattuali e consuetudini aziendali poco trasparenti, soprattutto nei confronti di lavoratori impegnati in attività fuori sede. Non tutti i datori evidentemente hanno recepito la sentenza e l’hanno messa in pratica.

La sentenza è stata necessaria per un caso realmente accaduto in cui dei tecnici di una società incaricati di effettuare interventi tecnici a domicilio, hanno chiesto al giudice il riconoscimento del tempo impiegato ogni giorno per spostarsi dalla sede aziendale alla prima destinazione di lavoro e, a fine giornata, rientrare in sede. Un tempo che, secondo un accordo sindacale interno, sarebbe stato conteggiato solo se superiore ai 30 minuti totali (15 minuti per l’andata e 15 per il ritorno). Ma la Suprema Corte non era d’accordo.

Viaggi per lavoro: sono pagati come ore effettive?

Per la Cassazione se il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro e si muove secondo le sue direttive sta in ogni caso lavorando. Per cui ogni minuto impiegato per spostarsi con un mezzo aziendale deve essere correttamente retribuito perché è considerato parte integrante dell’orario lavorativo.

auto in strada
Viaggi per lavoro: sono pagati come ore effettive? – chieseromanichesardegna.it

La Corte ha di fatto sottolineato che qualsiasi clausola contrattuale o accordo aziendale che imponga franchigie temporali o soglie minime di viaggio non retribuito è nulla. Questo perché viola chiaramente la normativa europea e italiana in materia di orario di lavoro, in particolare il decreto legislativo 66/2003, che stabilisce che è tempo di lavoro ogni periodo in cui il dipendente è alle direttive del proprio datore di lavoro.

Una sentenza che non interessa solo tecnici e manutentori ma tutti i lavoratori che svolgono attività fuori sede. Dagli operatori sanitari che prestano servizio domiciliare fino ai tecnici e agli installatori. Anche se il lavoratore ha firmato un accordo sindacale interno che stabilisce condizioni diverse, questo non può avere valore se peggiora la sua posizione rispetto alla normativa nazionale. Di fatto quindi la legge prevale su qualsiasi decisione interna all’azienda, anche se condivisa dalle parti. Le aziende quindi sono tenute a rivedere i proprio contratti interni per adeguarsi alla normativa e i lavoratori hanno il diritto di rivendicare quanto non percepito.

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